Pellet, sfatiamo le false credenze.
Di false credenze sul pellet ne circolano tante: noi ne sfatiamo alcune.
La prima: contiene collanti e vernici? Falso.
Per poter essere immesso sul mercato, è prodotto con una materia prima (segatura e trucioli) assolutamente vergine e non trattata chimicamente. Durante il processo di lavorazione e pressatura, si raggiungono temperature elevate che portano a fusione la lignina, una sostanza naturalmente presente nel legno e che funge da collante naturale.
La seconda: bisogna comprare solo pellet austriaco e quello di altri Paesi è di bassa qualità? Falso.
La provenienza geografica non è sinonimo di qualità. L’unico vero indice di qualità è la certificazione. AIEL (Associazione Italiana Energie Agroforestali) sostiene che la certificazione europea ENplus, l’unica che garantisce elevati standard di qualità lungo tutta la filiera (con garanzia non solo delle caratteristiche chimiche, fisiche ed energetiche, ma anche del mantenimento della qualità in tutte le fasi, dal reperimento della materia prima fino alla consegna).
La terza: per riconoscere un buon pellet, nel sacco non deve esserci segatura? Vero.
La presenza di poca segatura di legno all’interno del sacchetto è indice di un pellet di buona qualità. Per quello certificato non è ammessa una quantità superiore all’1% di polveri
Stiamo sfruttando troppo le foreste. Se usiamo legna o pellet per scaldarci non avremo più boschi? Falso.
Forse è vero il contrario. L’Italia, con oltre 10 milioni di ettari di foreste, è caratterizzata dal prelievo annuo più basso d’Europa. L’aumento della domanda di biomassa per il riscaldamento potrebbe aiutare il settore forestale e garantire una corretta manutenzione del bosco.